Alla scoperta di Alberto Burri
Uscita didattica delle terze a Città di Castello
Il 27 marzo noi della 3°C di Belforte del Chienti, insieme alla 3°A e 3°B di Caldarola, accompagnati dalla professoressa di inglese, l’insegnante di francese, di arte e il professore di sostegno di Caldarola, siamo andati in gita a Città di Castello, a vedere due musei dove sono conservate tutte le opere di Alberto Burri, artista e pittore dell’astrattismo italiano. La mattina, appena siamo arrivati, verso le 9:30, i professori ci hanno divisi in due gruppi: le due terze di Caldarola insieme all’insegnante di francese (la prof.ssa Corradetti) e il professor Croci di sostegno hanno visitato il “Palazzo Albizzini Collezione Burri”. Invece noi della 3°C di Belforte mentre aspettavamo, insieme alla professoressa Bonfigli e all’insegnante Sorrentino di arte, abbiamo fatto una passeggiata in alcune piazze del paese, dove c’era il mercato e abbiamo visitato all’interno la chiesa più importante di Città di Castello, la Cattedrale dei Santi Florido e Amanzio. Poi quando gli altri di Caldarola avevano finito la visita, è arrivato il nostro turno. La guida è stata bravissima, perché ci ha dato molte informazioni su Burri (anche sulla vita), ma soprattutto sul suo percorso artistico e sul suo stile: durante la seconda guerra mondiale venne imprigionato dalle forze angloamericane. All’inizio dei suoi studi si dedicò all’arte figurativa, invece dal 1948 in poi approfondì l’astrattismo. I materiali che utilizzò di più nelle sue opere furono: i sacchi di juta, il cellotex (un materiale isolante e termico ricavato dalle fibre vegetali), la plastica e le colle mischiate con lo zinco. Le sue composizioni più importanti furono: “Rosso plastica (1966)”, “Sacco e rosso (1956)”, “Bianco (1952)”, “Sacco nero e rosso (1955) “, “Sacco e oro (1953)”, “Sacco (1952)”, “Cretto di Gibellina”, “Cretto bianco” “Combustione”, “Rosso” (1953).
Terminata la visita abbiamo fatto pranzo in un giardino. Il pomeriggio invece siamo andati a vedere un altro museo che si chiama “Ex Seccatoi”, perché all’inizio del Novecento si faceva essiccare il tabacco proprio lì. Qui abbiamo visto altre opere di Burri e tra questi c’erano anche tre cicli pittorici, cioè delle sequenze di dipinti. Essi erano: “Il viaggio”, “Io amo il nero” e il “Sestante”. “Il viaggio” si chiama così perché Burri rappresentò circa dieci tele utilizzando le macchie di colori, principalmente vivaci: il verde, il rosso, il giallo, il celeste, il marrone chiaro. E, secondo l’artista, questo ciclo pittorico ci permette di “viaggiare con i colori”.
Invece “Io amo il nero” ci fa capire l’importanza dell’uso del colore nero nelle sue opere. Infatti i colori che utilizzò di più furono: il nero, il bianco, il grigio, il marrone scuro. L’ultimo ciclo pittorico di Burri si chiama “Sestante”, proprio come lo strumento per misurare l’angolo di elevazione di un oggetto celeste sopra l’orizzonte, che veniva usato principalmente dai marinai e ha la stessa funzione della bussola. Successivamente abbiamo visto anche altre composizioni, ma il momento che mi è piaciuto di più, è stato quando ci siamo recati alla sala “tecno informatica” e abbiamo visto alcuni video su quest’artista e su questi due musei: il “Palazzo Albizzini Collezione Burri” e gli “Ex Seccatoi”. Secondo me questa gita scolastica è stata molto utile per conoscere lo stile e il percorso artistico di un esponente dell’astrattismo italiano, vissuto in un paese e in un periodo non lontano dal nostro.
Denise Lambertucci